Per creare qualcosa di grande ci vuole forza di volontà e una visione ben precisa. Guido Berlucchi e Franco Ziliani, il primo proprietario di vigneti in Franciacorta, il secondo giovane enologo, riuscirono a dar vita a un vino così di successo che oggi è sinonimo di “bollicine italiane” in tutto il mondo.

INTUIZIONE DEL TERRITORIO

La storia racconta che Guido Berlucchi negli anni 50 cercava qualcuno in grado di stabilizzare il suo vino bianco prodotto nel maniero di Borgonato, chiamò per una consulenza Franco Ziliani che intuì che quel luogo poteva essere il posto dove realizzare il suo sogno: creare un metodo classico in FranciacortaNasce così nel ’55 la Guido Berlucchi&co, il “co” sta per Franco Ziliani e l’amico Giorgio Lanciani. Nel 61 l’enologo riesce nel suo intento: creare  per la prima volta il Pinot di Franciacorta, nel 62 arriva un nuovo successo: la nascita del Max Rosè, il primo spumante rosé d’Italia.

Oggi la Franciacorta, territorio collinare in provincia di Brescia,  è la patria di uno dei fenomeni italiani nel settore enologico: il disciplinare produttivo del Metodo Classico più severo al mondo, nonché il primo vino spumante metodo classico ad avere ottenuto, nel 1995,  la DOCG, garanzia di qualità. Oggi la Berlucchi è guidata dai figli di Franco Ziliani: Cristina, Arturo e Paolo. Dopo la scomparsa di Guido Berlucchi è stata infatti la famiglia Ziliani a portare avanti l’azienda e ad affermare ancor di più il brand come punto di riferimento per i vini spumanti.

Grazie a un territorio che regala paesaggi incantati, una sede storica come Palazzo Lana, elegante dimora che domina le vigne, e una cantina storica fatta di gallerie, volte e botti antiche che emana fascino, oggi la Berlucchi è una meta importante anche  per il turismo enologico.

L’ESSENZA DEL FRANCIACORTA

Certificati biologici dal 2016, i vigneti Berlucchi rappresentano lo stato dell’arte della viticoltura in Franciacorta. Una filosofia produttiva che abbraccia i principi interconnessi di qualità e sostenibilità.

Quando parliamo di Franciacorta, Chardonnay e Pinot nero sono i vitigni più coltivati, senza dimenticare che anche il Pinot bianco può essere impiegato per produrre un Franciacorta, ma mai sopra il 50%. Nei Franciacorta “bianchi”, lo Chardonnay è quasi sempre maggioritario, mentre il Pinot nero aumenta nelle versioni “rosé”, dove non può essere inferiore al 35%. È facile trovare Chardonnay in purezza su alcune produzioni, anche ottime. Quasi sempre il Satèn è esclusivamente Chardonnay. In questa tipologia di vino infatti non si può utilizzare il Pinot Nero. Lo Chardonnay riesce a sviluppare una varietà di componenti aromatiche, soprattutto quando il passaggio sui lieviti è più lungo. È un’uva perfetta per donare armonia e morbidezza. Il Pinot nero regala corpo, complessità, mineralità. Può essere austero e quasi tagliente.

Se cercate più morbidezza, provate uno Chardonnay in purezza. Mentre se inseguite più corpo e struttura scegliete un Pinot nero al 100%. In mezzo avrete un’incredibile varietà e complessità, e magari quel che vi piace di più è proprio in una sapiente fusione dei due.

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