Sino alla fine del 1800 l’unico modo per produrre spumanti era il metodo della rifermentazione in bottiglia.

Per accelerare il processo produttivo e ridurre i costi elevati, l’italiano Federico Martinotti, direttore della Regia Stazione Enologica di Asti, ebbe l’idea di realizzare la spumantizzazione, tramite Metodo Charmat, in un grande recipiente a tenuta, simile a un autoclave, messa in pratica dall’ingegnere francese Eugene Charmat, attorno al 1910, che costruì e brevettò tale attrezzatura.

Il successo dell’impianto di Charmat fu tale che il mezzo prese il suo nome, ma è opportuno riconoscere il giusto merito anche a colui che ebbe per primo l’originale idea.

Il Metodo Charmat, rapido ed efficace, permette di ottenere spumanti, spesso dolci, mantenendo i caratteri fruttati e aromatici delle uve impiegate, così apprezzati nell’Asti e negli altri Moscati, negli spumanti a base di prosecco e di Malvasia.

La rifermentazione in autoclave può essere applicata nella produzione anche di spumanti secchi, a partire da molti vitigni a bacca bianca e nera, anche quelli impiegati nella produzione di metodo classico.

Negli spumanti ottenuti con il metodo Martinotti i colori sono in genere più tenui, la tonalità giallo paglierino a volte con spiccati riflessi verdoline, i profumi più vivaci e fragranti, con accenti di frutta e fiori appena colti, resi più stuzzicanti da qualche ricordo di erbe aromatiche, i sapori più freschi e meno strutturati.E il perlage, spesso, non raggiunge la splendida eleganza dei migliori spumanti Metodo Classico.

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