STORIA

Del vitigno a bacca nera più rappresentativo, blasonato e importante del panorama enologico siciliano non abbiamo notizie storiche. Occorre innanzitutto precisare che il Nero d’Avola fa la sua comparsa nella  storia viticola della Sicilia con una designazione completamente differente: Calabrese è il nome con cui è indicato durante tutto l’Ottocento. Per lungo tempo si è assistito a un susseguirsi di congetture e ipotesi confuse sull’origine di questo vitigno, certamente radicato da secoli sull’isola ma incapace fino ai giorni nostri di trovare una precisa fisionomia che lo distinguesse con certezza dalla serie numerosa di presunti sinonimi, vitigni affini, varianti morfologiche o semplicemente dialettali.

Dobbiamo aspettare l’Ottocento perché il vitigno sia associato per la prima volta al paese di Avola, in provincia di Siracusa, e ancora oltre perché al primo termine si sostituisca quel “Nero” con cui oggi la varietà è famosa nel mondo. Per sgombrare il campo da ogni possibile confusione circa le sue origini, occorre precisare che il nome Calabrese altro non è che una italianizzazione del termine dialettale siculo calavrisi, cioè “uva (cala) di Avola” che si può anche intendere come “venuta da Avola”. Infatti dal piccolo centro del Siracusano il vitigno si è poi diffuso nei comuni di Noto e Pachino, e da lì in tutta la Sicilia. Prima di diventare il principe dei rossi siciliani da invecchiamento.

Questo vitigno riscuoteva notevole successo nella produzione di vini novelli o come utilizzo da uva da taglio. Riscoperto in anni recenti dalle più affermate médecine, probabilmente per la sua capacità di accomodare o irrobustire case vinicole, è diventato il vessillo dell’eccellenza siciliana nel mondo, rafforzando l’immagine dell’isola come un bacino di vitigni autoctoni di straordinario livello qualitativo.

DIFFUSIONE 

Le sue origini siracusane non sono mai state tradite poiché ancora oggi in queste zone il Nero d’Avola mantiene una delle sue roccaforti di produzione. Ma in pratica non c’è landa o contrada vitata in Sicilia che non porti almeno qualche traccia del vitigno, capace di adattarsi generalmente bene alle differenti condizioni pedoclimatiche dei vari agri in cui è coltivato.

Diffuso perciò in tutta la Sicilia, il Nero d’Avola si arresta soltanto di fronte ai contrafforti lavici dell’Etna, dove storicamente il suo allevamento non ha mai fatto presa. Essendo varietà raccomandata in tutte le province siciliane, rientra nella composizione di moltissime denominazioni dell’isola, dove è previsto sia in purezza sia in assemblaggio con altre uve. 

VINO

Il Nero d’Avola ha avuto storicamente una vocazione esclusiva per la vinificazione. In passato era invalso l’uso di tagliarlo con altre varietà ma molte prestigiose case di produzione preferiscono l’impiego in purezza del vitigno. Ne scaturisce in questi casi un grande rosso da invecchiamento, dal colore rosso ciliegia e dal profumo complesso e profondo di frutta rossa, terra, spezie, sali balsamici. In bocca si rivela corposo, caldo e asciutto, con trama tannica fine, potente e nel contempo aggraziato, di ottima armonia ed espressività complessiva. Decisamente interessanti anche le versioni “giovani” (prodotte esclusivamente in acciaio) che dimostrano la duttilità del vitigno, capace di dare anche vini freschi, gradevolmente fruttati, di impatto immediato e facile bevibilità.

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