STORIA 

Importante varietà a bacca bianca della Sicilia, le cui origini però non sono mai state studiate a fondo e pertanto rimangono quasi totalmente ignote -, è conosciuta e coltivata sull’isola da più di tre secoli: il primo a descriverla analiticamente è il Cupani, nel suo Horthus Catholicus del 1696, che distingue un Catarrattu Vrancu da un Catarratto reuso o reticu. In effetti sarebbe più opportuno parlare dei Catarratti, al plurale, considerando il gran numero di varianti che il vitigno presenta. Attualmente si distinguono almeno due varietà o cloni principali- il Catarratto Bianco Comune e il Catarratto Bianco Lucido- che sono peraltro stati iscritti nel 1970 nel Registro Nazionale delle Varietà della Vite come vitigni indipendenti l’uno dall’altro.

DIFFUSIONE 

L’importanza del vitigno è fuori discussione ed è ben testimoniata dalla larghissima e generale diffusione sul territorio Siciliano. È varietà raccomandata alla coltivazione in tutte le province dell’isola, ma la concentrazione più alta si ha nel Trapanese dove, prima della diffusione del più alcolico e “marsaleggiante” Grillo, il Catarratto entra in maniera preponderante nella composizione della DOC Marsala, tipologie Oro e Ambra. È presente come tipologia in purezza nella DOC Alcamo, Contea di Sclafani, Monreale e Santa Margherita di Belice, in assemblaggio con altre uve nei vini bianchi delle DOC Contessa Entellina, Etna, Menfi, Sambuca di Sicilia e Sciacca.

VINO

Fino a qualche tempo fa i vini prodotti con Catarratto presentavano aromi caratteristici e aromatici che, col passare degli anni, tendevano ad assumere toni tipici dei vini meridionali. Oggi la situazione è molto diversa e dal Catarratto si ottengono vini dal colore giallo paglierino carico, con profumi fruttati e complessi, con gusto asciutto, caldo, di buona acidità e sostenuta corposità, che a seconda delle modalità con le quali sono stati prodotti possono essere apprezzati giovani oppure migliorare dopo un medio invecchiamento.

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