STORIA
Non è eccessivo definire il Nerello Mascalese il vitigno principe della zona dell’Etna. Le sue origini non sono del tutto certe: pare sia stato selezionato, parecchie centinaia di anni fa, dagli agricoltori della piana di Mascali, ristretta fascia agricola tra il mare e l’Etna, in provincia di Catania. Da almeno un secolo e mezzo è il vitigno più diffuso nel settore nord-orientale della Sicilia.
Nell’area Etnea non è infrequente trovare vecchie o addirittura vecchissime vigne ad alberello di Nerello Mascalese, aggrappate letteralmente alla montagna sulle nere terrazze di pietra lavica, in cui è caratteristico constatare la mancanza di un sesto d’impianto geometrico delle viti. Questo accade in quanto sull’Etna era molto diffusa la pratica di allevamento della pianta per propaggine: la conseguenza è che nei vecchi vigneti è dato trovare una cospicua presenza di viti franche di piede.
DIFFUSIONE
In provincia di Catania il Nerello Mascalese è il vitigno più diffuso. Non c’è però un confine circoscritto alla sua coltivazione, che si riscontra un po’ in tutti i comprensori abitati dell’isola. Iscritto al Registro Nazionale delle Varietà di Vite dal 1971, rientra in numerose denominazioni con percentuali di volta in volta diverse: nell’Etna Rosso rappresenta almeno l’80% dell’uvaggio, mentre è previsto in misura minore nella DOC di Alcamo, Contea di Sclafani, Faro, Marsala e Sambuca di Sicilia, nonché in quelle Calabresi Lamezia e Sant’Anna di Isola di Capo Rizzuto.
VINO
Esclusivamente impiegato per la vinificazione, il Nerello Mascalese si può trovare da solo o in abbinamento ad altre uve, bianche o nere. Vinificato in assenza di vinacce, da origine alla famosa “pesta in botte” della zona Etnea. Lavorato in modo tradizionale da un vino di colore rosso carico, con profumi intensi di viola, piccoli frutti rossi e spezie, dal gusto pieno, caldo e asciutto.
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