STORIA

A lungo si è discusso circa le origini di questo vitigno, considerato il più importante per la vitivinicoltura della Sardegna. Un punto fermo alla discussione lo hanno messo Calò, Costacurta, Cancellier e Forti (1990) dimostrando definitivamente che il Cannonao è lo stesso vitigno conosciuto in Spagna come Garnacha, probabilmente originario dell’Aragona ma presente in tutte le altre regioni viticole spagnole, e diffusosi dalla fine del Settecento in Francia con il nome Grenache.

Il primo a ipotizzare un legame tra Cannonao e Grenache fu il professor Meloni agli inizi del Novecento, ma nessuno lo aveva sostenuto; Molon (1906), per altri versi ampelografo attento e preciso, addirittura lo osteggiava. Se oggi non ci sono dubbi sulla sua identità con il Garnacha, perché considerarlo italiano? Perché la sua storia e la sua presenza in Sardegna hanno origini antiche e pertanto il vitigno si è conquistato sul campo la sua cittadinanza sarda, affermata anche nel nome che è decisamente espressione della lingua locale. 

Per la sua storia dobbiamo risalire al XIII secolo, all’epoca in cui Pietro IV di Aragona conquistò la città di Alghero, fino ad allora appartenuta ai genovesi Doria. Non è difficile pensare che nei successivi due secoli di dominazione aragonese il principale vitigno diffuso in patria abbia trovato modo di arrivare in Sardegna, soprattutto se si tiene conto della particolare attenzione che Pietro IV dedicava alle questioni agricole nei suoi nuovi insediamenti. Fino a quella data, come ci ricordano vari autori, in Sardegna erano presenti solo alcune varietà introdotte in epoca bizantina come la Malvasia e il Moscato e l’ancora più antico Nuragus. Durante il XIII e il XIV secolo la viticoltura divenne una delle attività più importanti dell’isola, come può confermare l’introduzione avvenuta in quel periodo di alcuni vitigni importanti come Monica, Pascale e Vernaccia.

DIFFUSIONE

Agli inizi del Novecento il Cannonao si coltivava, nelle regioni dell’Italia centrale e meridionale, nonché in Sicilia. Attualmente la sua coltivazione è ammessa in alcune province del Veneto con il nome Tocai Rosso, di Perugia con il nome Gamay del Trasimeno, nonché in quelle di Ancona, Ascoli Piceno, Catania, Grosseto, Messina, Pesaro e Urbino, Rieti, Rimini e Savona con il termine Alicante. La sua presenza più intensa è ristretta alla Sardegna, dove si contano poco meno di 8000 ettari coltivati a Cannonao, di cui 5500 in provincia di Nuoro. Rappresenta la Doc Cannonau di Sardegna, estesa a tutto il territorio regionale con le sottozone Oliena o Nepente di Oliena, Capo Ferrato e Jerzu.

VINO

Un tempo il Cannonau era in genere considerato un vino pesante e alcolico, da bersi solo in accompagnamento a piatti impegnativi. Le moderne vinificazioni, invece, sono in grado di offrire sia un Cannonau giovane, fruttato e fresco, dal gusto immediatamente piacevole e di grande bevibilità, sia un prodotto affinato in rovere dagli intensi profumi di confettura di frutta rossa, speziato, ampio, strutturato, caldo, morbido e vellutato al gusto, capace di migliorare con l’invecchiamento. Senza dubbio interessante è la pratica di appassire le uve al sole su stuoie di canne, per produrre un vino liquoroso a lungo invecchiato in rovere, non troppo dolce, ricco, caldo e vellutato.

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