STORIA

Il Nerello Cappuccio o Mantellato (chiamato anche Mantiddatu Ninru o Niureddu Ammatiddatu) è un vitigno autoctono della zona Etnea e deve il nome al caratteristico portamento della pianta coltivata ad alberello. L’origine antica è ignota, ma da sempre è assodata la sua presenza in Sicilia e più in generale nei territori vitati posti sulle due sponde dello stretto di Messina.  Il suo nome è spesso associato a quello del Nerello Mascalese, varietà ben più diffusa della zona dell’Etna. Un tempo anche il Nerello Cappuccio era assai coltivato, ma negli ultimi decenni si è registrato un progressivo abbandono da parte dei viticoltori, tanto da arrivare a rischio di estinzione. Oggi la sua diffusione è in leggera ripresa, anche in virtù di studi ampelografici e ricerche che stanno individuando le zone più propizie per la coltivazione.

DIFFUSIONE

Iscritto al Registro Nazionale delle Varietà di Vite dal 1970, si coltiva soprattutto nella fascia costiera, collinare e pedemontana delle province di Catania e Messina. In Calabria è diffuso nei comprensori vitati di Reggio Calabria e Catanzaro. Il vitigno entra nella costituzione (fino al 20%) dell’Etna Rosso Doc e, in abbinamento al Nocera, al Nerello Mascalese e ad altre varietà minori, del Faro Doc. In Calabria rientra nella composizione delle Doc Lamezia, Sant’Anna di Isola di Capo Rizzuto, Savuto e Scavigna.

VINO

Il Nerello Cappuccio si usa esclusivamente per la vinificazione. Nella maggior parte dei casi si assembla con altri vitigni a bacca nera, di cui modera l’asprezza e l’acidità. In purezza dà un vino dal colore rosso rubino poco intenso e dai profumi fruttati e speziati caratteristici. Il gusto è pieno, asciutto, non eccessivamente tannico, armonico e lungo.

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