STORIA

Non si conosce con esattezza l’epoca della comparsa del Pignolo (probabilmente il Seicento), mentre si può fissare senza dubbio il suo luogo di nascita, coincidente con le colline di Rosazzo, in provincia di Udine. Il vitigno, già citato nel ditirambo “Bacco in Friuli” pubblicato sul finire del XVII secolo dall’abate Giobatta Micheli, era presente nel 1823 nella sezione Friulana del Catalogo delle Viti del Regno Veneto, compilato sotto l’amministrazione di Vienna. Agli inizi del Novecento è però vittima di un progressivo disinteresse – indotto anche dagli scritti del professor Zanelli e di altri studiosi – e ha rischiato di scomparire, nonostante quanto sosteneva al contrario il Poggi (1939): «di tutta l’antica viticoltura friulana il Pignolo è certamente l’esemplare degno di maggior rilievo e forse anche di una nuova diffusione».

 Bisogna aspettare gli anni Ottantae il ritrovamento di alcuni vecchi ceppi nelle vigne dell’abbazia di Rosazzo, per vedere la rinascita del vitigno e il giusto riconoscimento delle sue qualità. Il Pignûl, com’è chiamato in Friuli, non ha nulla a che vedere con il Pignola Nera e con il Pignola Valtellinese.

DIFFUSIONE

È rintracciabile, con sempre maggiore frequenza, nei confini della Doc Friuli Colli Orientali, l’unica che dal 1995, contempla la tipologia in purezza; più precisamente nei terreni composti di marne e arenarie intorno ai paesi di Prepotto, Albana, Rosazzo e Premariacco.

VINO

Ha solitamente una veste rubino intenso, con profumi pieni ed eleganti di frutti rossi e spezie. Al palato rivela una buona concentrazione, sorretta da robusta alcolicità e buona acidità, con una trama tannica fitta, dolce e setosa. Pregevole da giovane, è con il tempo (e l’affinamento in rovere) che riesce a trovare la giusta armonia e a dare il meglio di sé. 

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