STORIA
Questo antichissimo vitigno, ha segnato nel corso dei secoli la storia vinicola del Friuli scomparendo spesso per riapparire con sempre maggiore prestigio. Tutti sono ora concordi nel chiamarlo Picolit, anche se in passato si chiamava Piccolitto e Piccolit, con una grafia impropria perché nella lingua friulana non esistono le doppie.
Sul’origine del nome non si hanno certezze: nel 1790 il canonico Andrea Zucchini sostiene che deriva dalla piccola quantità di acini che il vitigno fornisce, mentre Gallesio (4824) parla della «picciolezza dell’uva che produce».
Il primo documento che parla del Picolit è del 1682: è la ricchissima lista dei vini delle sontuose nozze di ser Alvise Contarini, nella quale al Picolit spetta il posto d’onore. Nel corso del Seicento e del Settecento il vino è presente sulle tavole dei regnanti di Germania, Inghilterra e Francia ma per la sua definitiva consacrazione si deve aspettare la metà del Settecento, quando il conte Fabio Asquini decide di coltivarlo diffusamente nei terreni attorno a Fagagna (nella zona collinare a nordovest di Udine) e poi di promuovere e vendere le poche centinaia di bottigliette di vetro soffiato di Murano, che produce dapprima a Venezia e quindi nelle principali capitali europee (aprendo in ognuna di esse un punto vendita), contrastando in tal modo il commercio del famoso Tokaj ungherese.
Dopo questo momento di gloria il Picolit fu dimenticato per tutto l’Ottocento (a causa della scarsa produzione di uva e dell’insorgere dell’epidemia fillosserica) per essere nuovamente valorizzato dalla famiglia Perusini, proprietaria della Rocca Bernarda nei dintorni di Rosazzo (a sudest di Udine), che attorno al 1935 mette a dimora il vitigno in quella che poi diventerà la sua zona d’elezione.
DIFFUSIONE
Dopo la notorietà raggiunta dal vino del conte Asquini, il Picolit si diffonde dalla zona originaria di Fagagna al resto delle colline friulane; in seguito anche nelle province di Treviso (zona di Conegliano), Vicenza (dintorni di Bassano) e persino in Emilia (colline reggiane) e Toscana, tutte zone dove non è raro trovarne ancora qualche vecchissimo filare. Attualmente è presente in maniera significativa solo nel territorio collinare eocenico che va dal Torre allo Judrio, tra le province di Udine e Gorizia, dove riesce a esprimersi al meglio. Le colline che cingono Rosazzo, i terreni della vicina e omonima abbazia e i vigneti sparsi attorno alla Rocca Bernarda costituiscono il “piccolo regno” di questo grande vitigno.
VINO
Il colore è paglierino carico, spesso anche dorato e quasi ambrato dopo anni di invecchiamento. Intensamente e delicatamente profumato, il vino esprime note eleganti e raffinate di fiori di campo, frutta matura e cera d’api. In bocca è armonico, asciutto, ricco, grasso e vellutato, con una dolcezza mai stucchevole, supportata da adeguata acidità. La persistenza aromatica è molto lunga, complessa e gradevolmente ammandorlata.
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