Quella dei Radikon è una storia comune a molte famiglie contadine della zona fatta di agricoltura principalmente di sopravvivenza. Saša oggi rappresenta la terza generazione proseguendo in maniera egregia quel miracolo avviato da suo padre Stanko ma che parte da un’intuizione del nonno e cioè quella di piantare Ribolla. Nella proprietà erano già presenti le vigne, tanto che il vigneto storico risale addirittura al 1920, ma la coltivazione del vino era assolutamente marginale, per autoconsumo. Quando nel 1949 viene piantata la Ribolla si avvia un meccanismo che piano piano metterà al suo posto tutti gli ingranaggi creando qualcosa di unico e speciale.

Le origini

Negli anni ‘60 e ‘70 la famiglia Radikon inizia ad occuparsi della vendita del vino sfuso ed è solo nel 1980 che inizia ad imbottigliare. È in quegli anni che l’azienda passa in mano a Stanko: unica condizione dettata da suo padre? Quella di continuare a piantare Ribolla.

Sono gli anni ‘90 ed in quella zona specifica sta avvenendo qualcosa di particolare: stiamo assistendo ad un rinascimento della macerazione dove i Botticelli, Raffaello e Michelangelo sono Stanko Radikon, Josko Gravner, Princic, Bensa…

Come siamo arrivati a questo? Beh piuttosto semplice: focalizziamoci sulla Ribolla. Un vitigno veramente particolare e contraddittorio: il primo a gemmare e l’ultimo a tirare fuori il frutto, dotata di una buccia difficilissima da pressare. È stata questa difficoltà ad estrarre che ha creato una sorta di bivio: appassire o macerare.

Così nel 1995 Radikon effettua una prima prova di macerazione sul 50% della produzione.

La macerazione

Una tecnica che negli anni ’80 e inizio ’90 era inimmaginabile poiché la tendenza era quella di avere presse sempre più soffici al fine di estrarre vini sempre più puliti, perdendo così la parte più ricca delle uve.
Le prime prove di macerazione di Ribolla Gialla da parte di Stanko Radikon avvennero nel ’95 per poi riprovare quasi in maniera obbligata nel ’96 dopo le grandinate di quell’anno, al fine di ricavare qualcosa da quelle poche uve rimaste.

Una tecnica via via affinata e perfezionata nel tempo, “ascoltando” e capendo le esigenze di ogni annata, per dar seguito a macerazioni calibrate.

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