Siamo in Friuli-Vnezia Giulia e quella dei Bressan, come spesso accade quando si parla di terra, di vigne e di vino, è una storia fatta di nomi propri: nomi di terre tradizionalmente vocate alla maturazione dell’uva – Farra d’Isonzo – ma soprattutto nomi di persone che con la loro fatica, tenacia e caparbietà hanno fatto crescere una tradizione secolare.

Lo spirito secolare della famiglia vive là, dove i pendii del Collio degradano dolcemente per aprirsi nella valle del fiume Isonzo, in un angolo di terra protetto a Nord dalle Alpi ed aperto a Sud ai venti caldi del mare Adriatico. La storia della cantina della famiglia Bressan coincide con quella del Friuli degli ultimi tre secoli, dove un raro connubio di elementi naturali (geografici, geologici e climatici) vanno a costituire un “terroir “ unico ed irripetibile. Giacomo Bressan discende da un’antica famiglia di vignaioli e coltivatori, che si dedica all’attività enologica dalla prima metà del XVIII secolo. Oggi, dopo 8 generazioni, l’attività è portata avanti da Fulvio Bressan, che ha ereditato dagli antenati, con un carattere impetuoso, un’antichissima sapienza contadina.

FULVIO BRESSAN

Carismatico, difficile, puro, intransigente, vero. Fulvio Bressan non passa inosservato, si infervora quando parla del vino, di sé, del Collio e del suo essere vinaio tra le 60 sigarette quotidiane. E’ viscerale e intransigente, psicologo di formazione ma vignaiolo per vocazione e studi a Bordeaux. I modi rustici di chi non tollera compromessi dividono il mondo in detrattori e innamorati. Da questo crisantemo di uomo non ti aspetti vini scarni e acidini da sorseggiare spensieratamente in riva al mare della Maremma e infatti non li trovi. I vini di Bressan sono poco fieristici, l’assaggio veloce li castra. Possono non piacere, come i modi di Fulvio, e metto questa caratteristica tra i pregi di un ambiente spesso conformista e propenso a una finta civiltà delle buone maniere.

IN VIGNA

L’approccio alla vigna è molto simile a quello di cantina: i vigneti vengono costantemente arati, le rese molto basse ottenute non per vendemmia verde, ma per potatura cortissima: cinque gemme, pertanto i grappoli che cresceranno su ogni pianta si potranno contare sulle dita di una mano. I nuovi vigneti entrano in produzione almeno dopo sei anni, così come il vino riposa non meno di tre o quattro anni (o anche di più per alcuni vitigni) prima d’essere imbottigliato a mano. Se da un lato la terra mossa dal piccolo aratro spinge l’apparato radicale delle piante in profondità, dall’altro non consente quell’inerbimento perenne oggi molto in voga: passeggiando in un campo di pinot nero, Fulvio spiega che questo è un mezzo per escludere del tutto l’irrigazione sulle viti, uniche padrone del terreno in cui vivono.

Tra Pinot Nero, Verduzzo e Schioppettino, i vini di Bressan sono veramente merce rara!

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